Con il decimo anniversario dell’11 Settembre, molti di noi hanno trascorso qualche tempo a riflettere e ricordare quegli eventi e gran parte del dolore e della devastazione causate quel giorno nella nostra vita e nella nostra coscienza. Gli effetti di quel giorno non sono finiti. Le famiglie sono ancora in lutto per i propri cari che se ne sono andati e continuano a perdere persone care, che sono disposte a sacrificare la vita per la libertà altrui. Eppure, questa guerra, che ora va avanti da dieci anni, è così lontana dalla maggior parte di noi, negli Stati Uniti, che è facile far finta che non stia accadendo. E’ facile dimenticare la devastazione, il dolore, la paura, che abbiamo sentito dieci anni fa. Tuttavia, con il dolore e la perdita si è reso possibile un legame, in questo paese, che non avevo mai conosciuto.
Era passato molto tempo, da quando la gente parlava in pubblico, con orgoglio, di Dio e del suo rapporto con Lui, sia individualmente, che come paese. Eppure, per settimane e mesi dopo l’attacco, le persone si sono riunite in modo profondo e toccante. Ci siamo ricordati di Dio. Ci siamo ricordati di tutto ciò che Egli ci ha dato, della protezione che ci aveva offerto così tante volte, della forza che ha continuato ad offrirci. Abbiamo trovato conforto in Lui e in ogni altro.
Dopo alcuni mesi, però, la riflessione e la forza sono sembrati svanire. Al presidente Thomas S. Monson è stato chiesto di scrivere un pezzo, per il blog del Washington Post, “Sulla Fede”, per il decimo anniversario di quel fatidico giorno. Ha condiviso alcune riflessioni che ci hanno ricordato che Dio è sempre lì, anche quando non lo invochiamo. Dovremmo chiamarLo di più, nei momenti buoni, come nei cattivi. Ha sottolineato il comportamento del paese, dopo l’11 Settembre:
“C’è stato, come molti hanno notato, un aumento incredibile di fede, dopo la tragedia. La gente, negli Stati Uniti, ha riscoperto il bisogno di Dio e si è rivolta a Lui per avere conforto e comprensione. I tempi sicuri erano stati frantumati. Abbiamo sentito la grande instabilità della vita e raggiunto la grande stabilità del nostro Padre Celeste. E, come sempre, l’abbiamo trovata. Gli americani di tutte le fedi, si erano riuniti in maniera notevole”.
Questa volta è servito a ricordarci quanta forza abbiamo, quando ci appoggiamo al nostro Padre Celeste. Tuttavia, il presidente Monson ha anche notato quanto velocemente ci sembra di dimenticare: “Purtroppo, sembra che molto di quel rinnovamento della fede sia diminuito, negli anni che sono seguiti. La guarigione è arrivata con il tempo, ma anche l’indifferenza. Noi dimentichiamo quanto vulnerabili e sofferenti, ci siamo sentiti. Il nostro dolore ci porta a ricordare gli scopi profondi della nostra vita. Il buio della nostra disperazione ci ha portato un momento di illuminazione. Ma siamo smemorati. Quando la profondità del dolore è passata, le sue lezioni spesso vanno via dalla nostra mente e anche dal nostro cuore”.
Il consiglio che un profeta vivente di Dio ci dà, è quello di avvicinarsi a Dio, ora e sempre: “Il modo di stare con Dio, in ogni stagione, è quello di sforzarsi ad essere vicini a Lui ogni settimana e ogni giorno. Abbiamo veramente ‘bisogno di Lui, ogni ora’, non solo in quelle di devastazione. Dobbiamo parlare con Lui, ascoltarlo e servirlo. Se vogliamo servirlo, dobbiamo servire il nostro prossimo. Noi piangiamo la vita che si perde, ma dobbiamo anche guardare a quelle che possono essere riparate e guarite, i cuori che possono ancora essere guariti”.
Provo un grande conforto dal sapere che abbiamo un profeta vivente di Dio, che ci offre consigli e incoraggiamenti. Sono anche confortato dal sapere che Dio è incrollabile, nel suo amore per me e nella sua costanza. Lui sarà sempre lì, per tutti noi, affinchè possiamo appoggiarci a Lui e può benedire molto di più la nostra vita, se siamo disposti a permetterGli di essere presente nelle nostre gioie e nei nostri dolori.
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